Univ. di Milano-Bicocca - AmypoPharma, uno spin-off per produrre nano-farmaci anti Alzheimer
Per riuscire nell’impresa AmypoPharma si è alleata con la società svizzera Breslin AG, specializzata nella ricerca di fondi da investire in progetti nei campi biotech e salute.
I fondi necessari a ottenere la certificazione IND (Investigational New Drug) per il prodotto Amyposomes e condurre a termine la sperimentazione clinica sono stimati in circa 14 milioni di euro che i ricercatori del team AmypoPharma contano di trovare anche tra gli investitori italiani.
Le azioni della start-up sono detenute al 71 per cento dai docenti e ricercatori di Milano-Bicocca che hanno sviluppato il brevetto, al 19.5 per cento da Breslin. L’Ateneo partecipa con una quota del 5 per cento. Il Ceo è Francesca Re, giovane ricercatrice di biochimica in Bicocca.
«Al momento – spiega Massimo Masserini, ordinario di Biochimica dell’Università di Milano-Bicocca, socio di maggioranza dello spin-off e coordinatore del progetto europeo NAD dal quale è nato il brevetto – non esistono farmaci competitor nella cura dell’Alzheimer. Purtroppo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità confermano che a livello mondiale le persone che ne sono colpite sono in aumento, addirittura destinate a raddoppiare rispetto ai 30 milioni attuali entro il 2040. Il nostro progetto, se la sperimentazione clinica, come speriamo, darà risultati positivi può essere un esempio della capacità della ricerca di confrontarsi col mercato generando prodotti e fatturato».
Date le loro caratteristiche e la capacità di superare senza modificazioni la barriera tra sangue e cervello, oltre che contro l’Alzheimer gli Amyposomes potrebbero essere utilizzati anche nella cura di altre malattie neurodegenerative.
Come funzionano le particelle
Il bersaglio terapeutico delle nanoparticelle disegnate dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca è la proteina β-Amiloide. Nel modello animale le nanoparticelle dopo tre settimane di trattamento, non solo hanno rimosso le placche di β-Amiloide dall'encefalo, ma hanno anche favorito lo smaltimento dei frammenti di β-Amiloide tossica attraverso il circolo, da parte del fegato e della milza. L'eliminazione dei depositi di β-Amiloide a livello cerebrale è stata associata ad un recupero delle funzioni cognitive misurato con uno specifico test di riconoscimento degli oggetti.