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Università di Firenze, i geni come le app degli smartphone

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Per i nostri smartphone abbiamo a disposizione store virtuali dove scaricare nuove app. Anche i batteri si comportano così e acquistano nuove funzioni, aggiungendo al materiale base ulteriore corredo genetico. E’ la scoperta fatta dai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze e pubblicata sull’ultimo numero della rivista scientifica PLOS Computational Biology (“Evolution of Intra-specific Regulatory Networks in a Multipartite Bacterial Genome”, DOI: 10.1371/journal.pcbi.1004478).
I ricercatori, guidati da Alessio Mengoni e Marco Bazzicalupo, hanno chiarito la dinamica con cui singoli moduli genici vengono scambiati tra i batteri permettendo alle varie specie vantaggi adattivi negli ambienti in cui vivono. L’analisi è stata svolta su un microrganismo modello, il Sinorhizobium meliloti, un batterio benefico, impiegato in agricoltura come inoculo per le colture di leguminose.

Con innovativi modelli di biologia computazionale - il campo di ricerca che indaga i fenomeni biologici attraverso modelli di tipo informatico/matematico - i ricercatori hanno chiarito che nei genomi dei batteri in cui sono presenti più cromosomi esiste una ripartizione delle reti geniche e delle loro funzioni fortemente legata alla modularità dell’organizzazione cromosomica, come avviene in maniera più estesa nelle cellule umane. In particolare lo studio si è focalizzato sui reguloni, i moduli genici preposti alle risposte integrate con l’ambiente, e su come essi interagiscono tra loro.

“L’insieme dei geni batterici - racconta Mengoni, associato di Genetica - è una sorta di store dove è possibile ricavare la app più utile per un determinato ambiente. Batteri della stessa specie e di specie diverse - chiarisce il ricercatore - possono scambiare materiale genetico grazie a una selezione naturale (si parla tecnicamente di Horizontal Gene Transfer) che favorisce le app, ovvero i geni, che danno maggiori vantaggi adattivi per la crescita e per la riproduzione in una determinata condizione.”

“Come gli attuali smartphone - spiega Mengoni - i genomi dei batteri hanno un corpo centrale di funzioni comuni e la possibilità di inserire funzioni accessorie in maniera modulare, attraverso scambi di materiale genetico. Questa particolarità - prosegue il ricercatore - rende i batteri estremamente plastici e capaci di evolvere rapidamente nuove funzioni, sia benefiche, come nel caso del Sinorhizobium meliloti, che patogene nei confronti dell’uomo. La possibilità di analizzare in dettaglio e prevedere la modularità della regolazione genica - conclude Mengoni- potrebbe aiutare a sviluppare varianti batteriche benefiche e contrastare i batteri patogeni con nuovi tipi di antibiotici.”

Allo studio fiorentino ha partecipato Marco Galardini, ora in forze presso l’European Bioinformatic Institute (EBI), e hanno collaborato i ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e dell’Institute de Recherche Interdisciplinaire del CNRS francese.

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