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Il menù dell’Uomo di Neanderthal? Rinoceronte, muflone, funghi e pinoli

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La dieta dell’Uomo di Neanderthal? Carne di rinoceronte o muflone nel Centro Europa, funghi, muschio e pinoli in Spagna. L’originale menù, le sue distinzioni regionali e alcune malattie dei nostri lontani antenati sono stati ricavati dall’analisi del DNA del tartaro dentale, oggetto di una ricerca internazionale, pubblicata su “Nature”. Al lavoro, guidato dai ricercatori Laura S. Weyrich e Alan Cooper dell’Università australiana di Adelaide, ha partecipato David Caramelli, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze (“Neanderthal behaviour, diet and disease inferred from ancient DNA in dental calculus” doi: 10.1038/nature21674).
Il sequenziamento del DNA dei depositi dentali di cinque esemplari europei di Neanderthal ha rivelato marcate differenze regionali nell’alimentazione: un uomo di Neanderthal proveniente dalla grotta di Spy in Belgio osservava una dieta a base di carne e mangiava rinoceronte lanoso e muflone, caratteristici di un ambiente di steppa. Al contrario un individuo di El Sidrón in Spagna si nutriva di pinoli, muschio e funghi, ricavati dalla foresta.

Ma lo studio fornisce anche informazioni sul microbioma (la cosiddetta flora batterica) dell’uomo preistorico, sulla sua salute e malattie. Dall’analisi del Neanderthal spagnolo si ricava come il nostro progenitore si sia curato un ascesso dentale, svelato dalla conformazione ossea: nel DNA del tartaro preistorico sono, infatti, state rintracciate sequenze riconducibili a muffe, probabilmente cresciute su materiale erbaceo, capaci di produrre Penicillium, e altre riconducibili al pioppo, che contiene l’acido acetilsalicilico.

Sempre dallo studio del campione proveniente da El Sidrón il team mondiale - che per l’Italia, oltre all’Ateneo fiorentino, comprendeva anche l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente - sono state ottenute sequenze di un batterio (Enterocytozoon bieneusi), che provoca diarrea acuta negli esseri umani. Ed è stato individuato il genoma quasi completo di un batterio orale, il Methanobrevibacter commensali, che con 48mila anni di età può essere considerato il più antico genoma microbico orale finora scoperto.

“La ricerca d’avanguardia sta percorrendo strade molto innovative per la valorizzazione dei reperti antichi, desumendo dati preziosi anche da poche tracce di un elemento – spiega David Caramelli –. Basti pensare che fino a poco tempo fa il tartaro veniva addirittura rimosso dalle collezioni odontoiatriche antropologiche”.



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