Univ. di Pisa - Dagli scavi di Kaulonia una scoperta d’eccezione
La tabella di bronzo rinvenuta a Kaulonia è infatti risultata essere un documento unico: pur ridotta in minuti frammenti molto corrosi, dopo il restauro eseguito nel 2013 presso il locale Museo di Monasterace e la successiva applicazione di avanzate tecniche d’indagine presso la SNS, ha rivelato un testo greco del V sec. a.C., su 18 linee, in alfabeto acheo, con le lettere ordinate regolarmente secondo il sistema di scrittura detto stoichedón. Si tratta di una lunga dedica votiva, in gran parte metrica, che menziona tra l’altro l’agorà (la piazza pubblica di ogni città greca, cuore della vita politica e commerciale), una statua e un elenco di divinità di grande interesse per la conoscenza dei culti. A breve ne è prevista l’edizione, a cura del professor Carmine Ampolo, in collaborazione con un perfezionando della SNS.
Utilizzando anche innovative tecniche di documentazione e di elaborazione dei dati, come le riprese da drone e le elaborazioni 3D, gli archeologi hanno potuto ricostruire un’immagine pressoché totale del grande complesso magnogreco risalente all’VIII secolo a.C. Gli scavi sono diretti da Maria Cecilia Parra, docente di Archeologia della Magna Grecia all’Università di Pisa, in sinergica collaborazione con il Laboratorio di Scienze dell’Antichità della Scuola Normale, diretto dal professor Carmine Ampolo. I risultati sono editi nei 5 tomi della serie “Kaulonia, Caulonia, Stilida (e oltre)”, curati da M.C. Parra e nelle ‘Notizie degli Scavi’ pubblicate ogni anno negli ‘Annali’ della SNS.
Molte le scoperte che hanno interessato l’area del grande santuario urbano di Kaulonia, non solo nella sua articolazione plurima di fasi comprese tra la fine dell’VIII e gli inizi del III sec. a.C., ma anche nella sua lunga vita fatta di monumenti che lo occupavano e di uomini che lo gestivano, vi praticavano culti, vi svolgevano attività di cantiere edilizio e d’officina artigianale: ex voto del VII, VI e V sec. a.C., in particolare armi e ceramiche per le azioni rituali, come elmi, scudi, schinieri, spallacci, spade corte, punte di lancia e di freccia, accanto a innumerevoli deposizioni esito di sacrifici cruenti e di offerte incruente, anche con tracce evidenti di pasti comunitari seguiti dalla deposizione degli strumenti per la macellazione degli animali e la consumazione delle carni, insieme a quella del vasellame utilizzato durante il rito, intenzionalmente frammentato secondo la norma.
Negli ultimi anni si sono cominciate a sperimentare e poi a utilizzare sistematicamente nuove tecniche di documentazione e di elaborazione dei dati, in particolare le riprese da drone e le elaborazioni 3D. Le prime hanno permesso di realizzare immagini e filmati ad alta risoluzione utilizzabili sia per la restituzione fotogrammetrica delle emergenze archeologiche, sia per la fotointerpretazione e le letture globali di ampie aree interessate dalle indagini archeologiche, unitamente al contesto generale. Le seconde sono state finalizzate alla ricostruzione e alla modellazione di materiali archeologici e di complessi monumentali, con finalità non solo di ricerca, ma anche divulgative (e pertanto rivolte anche a un pubblico di non specialisti), come ad esempio varie forme di visualizzazione e di realtà virtuale.
L’applicazione di tecnologie avanzate, anche in collaborazione con il DREAMSLAB (Dedicated Research Environment for Advanced Modeling and Simulations, laboratorio della SNS, diretto dal professor Vincenzo Barone) ha permesso di adattare i modelli 3D sviluppati da Emanuele Taccola, del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, per la ricostruzione e la modellazione fotogrammetrica di materiali archeologici e di complessi monumentali, a strumenti di ultima generazione, il più importante dei quali è il CAVE 3D, un ambiente virtuale immersivo e interattivo, in cui l’utente può muoversi liberamente, usando appositi occhiali.