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Nasce il super-vetro che emette luce ultravioletta

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Un nuovo materiale vetroso, chimicamente inerte ma nello stesso tempo capace di emettere luce ultravioletta quando attraversato da corrente elettrica: è il super-vetro sintetizzato dai ricercatori del dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca. La scoperta è stata pubblicata oggi su Nature Communications. Per realizzare il vetro “intelligente”,  i ricercatori di Milano-Bicocca, un giovane gruppo, coordinato da Alberto Paleari, professore associato di Fisica Sperimentale, hanno messo a punto una nuova metodica chimica che permette di produrre un film di biossido di silicio, il componente principale del vetro, con all’interno nanocristalli di ossido di stagno.
Alla fine del processo, il nuovo vetro ha la doppia proprietà di condurre elettricità e, tramite il processo di elettroluminescenza, emettere luce ultravioletta.

Con questo schema di “ossido di stagno in ossido di silicio” si riesce per la prima volta a far coesistere in un unico materiale le proprietà della trasparenza ottica e della conducibilità elettrica con l’emissione ultravioletta sotto stimolo elettrico, indispensabili per avere un dispositivo chimicamente stabile, che non interagisca con l’ambiente esterno, e che, allo stesso tempo, sia integrabile con l’elettronica esistente.

Il prototipo di dispositivo LED basato sul nuovo vetro nanotecnologico si presenta come un sottilissimo strato trasparente depositato su un chip di silicio (guarda la foto), ma il fatto che la sua preparazione avvenga in soluzione liquida dà la possibilità di conferirgli forme diverse a seconda dello scopo, per un utilizzo versatile in diagnostica medica, elettronica, nonché per l’illuminazione comune.

«Il vetro per le sue caratteristiche di inerzia chimica e resistenza alla degradazione è un materiale adatto per essere utilizzato in ambienti ostili, per esempio all’interno del corpo umano, in immersione, in laboratorio - spiega Sergio Brovelli, ricercatore di Fisica Sperimentale e primo autore dello studio - La luce ultravioletta, per la sua specificità di luce ad alta energia, è in grado di attivare reazioni biologiche e fotochimiche che la luce visibile non è in grado di attivare. Ad oggi l’unica tecnologia alternativa per emissione ultravioletta era quella basata su nitruro di gallio che però presenta alti costi industriali ed energetici».

«Con questo lavoro di ricerca – specifica Norberto Chiodini, ricercatore di Chimica e ideatore del nuovo materiale - si è trovata la “ricetta” per fabbricare in maniera economica il primo materiale elettroluminescente nell’ultravioletto, per la cui realizzazione bastano un laboratorio chimico e un forno a 1000°C. In prospettiva, questa strategia potrebbe fornire un’alternativa anche a materiali conduttori trasparenti basati su indio (componenti fondamentali dei display), elemento purtroppo sempre più scarso in natura».

Il lavoro di ricerca è stato condotto presso l’Università di Milano-Bicocca, con il supporto di Roberto Lorenzi e Alessandro Lauria, entrambi assegnisti di ricerca, in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology, dove Marco Romagnoli attualmente lavora e il Los Alamos National Laboratory, negli Stati Uniti, dove Sergio Brovelli è stato ricercatore, per poi rientrare qui in Italia.

Le applicazioni

Il trasferimento della nuova scoperta all’industria si presenta economico, adattabile su larga scala e integrabile con l’esistente tecnologia al silicio: questo significa che potrebbero bastare pochi anni perché questo nuovo materiale trovi applicazione in dispositivi tecnologici. L’utilizzo potrà spaziare dai settori medico-diagnostici, per vetrini di laboratorio interattivi e dispositivi per il rilascio di farmaci o per diagnosi sottopelle particolarmente raffinati ed evoluti, alla componentistica elettronica.

«L’idea di un insieme di nanocristalli come sorgente distribuita di luce ultravioletta che renda anche possibile la conduzione elettrica nel vetro, da sempre considerato il prototipo di isolante elettrico - commenta Alberto Paleari - può essere a questo punto ottimizzata e variata. Lo stesso materiale a base di ossido di stagno in ossido di silicio permette infatti di modificare le proprietà di trasmissione e riflessione della luce mediante processi simili a quelli litografici, permettendo quindi la scrittura di guide di luce o di matrici di LED. Questo rende i nostri dispositivi utilizzabili in moltissimi campi, dall’elettronica di consumo alla medicina, alla diagnostica ambientale».

Il gruppo di ricerca

Tutti i componenti del gruppo di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca  autori dello studio fanno attualmente parte del dipartimento di Scienze dei Materiali. In particolare:

Alberto Paleari, 50 anni, professore associato di Fisica Sperimentale e coordinatore del gruppo, è stato chiamato recentemente a coprire il ruolo di direttore del Laboratorio Internazionale di Materiali Funzionali a base Vetrosa presso la Mendeleev University di Mosca.

Sergio Brovelli, 33 anni, ricercatore di Fisica Sperimentale, dopo la laurea conseguita in MIlano-Bicocca nel 2003 e il dottorato nel 2006, ha lavorato cinque anni all'estero: tre a Londra, presso l'University College London e il London Centre of Nanotechnology, e due negli Stati Uniti, presso Los Alamos National Laboratory, New Mexico.

Norberto Chiodini, 42 anni, a cui si deve in particolare la nuova tecnica di sintesi dell’ ”ossido in ossido”, è ricercatore di Fondamenti Chimici delle Tecnologie.

Roberto Lorenzi e Alessandro Lauria sono assegnisti di ricerca.

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