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Pubblicato su PLOS ONE studio su identificazione DNA Plasmodium ovale wallikeri

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E’ stato pubblicato mercoledì 24 ottobre sulla prestigiosa rivista scientifica PLOS ONE un nuovo studio, facente parte di una lunga ricerca iniziata nel 2007 presso il laboratorio di Parassitologia del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Parma, sullo sviluppo del primo sistema diagnostico basato sulla “Real-time Polymerase Chain Reaction” (Real-time PCR) per la ricerca del DNA della nuova specie Plasmodium ovale wallikeri, responsabile di malaria nell’uomo. Questa nuova specie di plasmodio patogena per l’uomo e causa di malaria cronica è stata scoperta grazie al contributo delle ricerche condotte presso lo stesso laboratorio sul DNA di plasmodi identificati nel sangue di soggetti con malaria.
L’importante studio è stato realizzato dalla prof.ssa Adriana Calderaro in collaborazione con i proff. M. Cristina Medici e Carlo Chezzi, con le dott.sse Giovanna Piccolo, Chiara Gorrini, Sara Montecchini e Sabina Rossi del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale e con il dott. Georges Snounou dell’Università Pierre et Marie Curie di Parigi, e rientra in un più ampio progetto di ricerca scientifica volto a mettere a punto innovativi sistemi di biologia molecolare per la diagnosi di malattie causate da parassiti nell’uomo.

La malaria è una malattia grave, acuta e cronica, causata da protozoi del genere Plasmodium (P. falciparum, P. malariae, P. ovale, P. vivax, P. knowlesi) trasmessi all’uomo da zanzare del genere Anopheles ed è la malattia da infezione a più importante impatto mondiale: 500 milioni di casi ogni anno nel mondo con 1,3 milioni di decessi.
Il 40% della popolazione mondiale è esposta all’infezione: le aree tropicali e sub-tropicali del mondo sono zone endemiche e in Africa sub-Sahariana ogni 30 secondi un bambino al di sotto dei 5 anni di età muore di malaria.

La malaria, eradicata nel nostro Paese nel 1971, è soggetta a notifica obbligatoria (DM 15-12-1990) ed è, per flussi migratori e turismo, la malattia importata a maggiore prevalenza sia a livello nazionale che locale, dove, grazie alla diagnosi di laboratorio, viene accertata mediamente in 23 casi ogni 100 sospetti. Complessivamente a Parma dal 1992 ad oggi sono stati accertati 341 casi di malaria, tutti di importazione.

Una diagnosi tempestiva e accurata è indispensabile per instaurare una terapia mirata, con conseguente riduzione di mortalità, di insorgenza di complicanze e dei costi sanitari correlati.
Presso il laboratorio di Parassitologia di Parma, facente parte di un gruppo collaborativo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la diagnosi di malaria, sono stati messi a punto in questi anni diversi saggi molecolari basati sulla PCR per la ricerca del DNA dei plasmodi, da affiancare all’esame microscopico di campioni di sangue, tuttora metodo di riferimento per la diagnosi di laboratorio di malaria, ma poco sensibile e poco specifico. Grazie a questi saggi innovativi in continua evoluzione è stata evidenziata una maggiore prevalenza di malaria da importazione nella nostra città, sottostimata mediante il solo esame microscopico.

La ricerca in oggetto sulla malaria ha contribuito in questi anni a chiarire l’esistenza di due varianti genetiche nell’ambito della specie P. ovale: la già nota P. ovale curtisi e la nuova P. ovale wallikeri. In particolare il nuovo saggio basato sulla Real-time PCR (Reazione Polimerasica a Catena in Tempo Reale), sviluppato nello studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE, ha permesso di diagnosticare rapidamente (entro 3 ore) casi di malaria sostenuti dalla nuova specie P. ovale wallikeri (circolante in Africa) altrimenti non evidenziati, consentendo così la somministrazione ai pazienti di una terapia tempestiva, mirata ed eradicante.

Questo studio è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca “Metodi molecolari innovativi per la diagnosi di malaria” finanziato dalla Fondazione Cariparma.

Questi risultati, che sono frutto di un’attività di ricerca che si è svolta presso il Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale, dimostrano che all’interno dell’Università di Parma esistono grande entusiasmo e competenze specifiche che consentono di raggiungere risultati scientifici riconosciuti a livello internazionale e spesso, come in questo caso, di grande beneficio per la salute dei pazienti affetti da malattie infettive, anche mortali.

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