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Planck svela un Universo (quasi) perfetto

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satellite planckOggi, 21 Marzo 2013, il satellite Planck dell’ESA (agenzia spaziale europea) rende pubblici i suoi primi risultati cosmologici, rilasciando la mappa a tutto cielo della radiazione di fondo cosmico a microonde (in inglese Cosmic Microwave Background, CMB). Planck è la prima missione spaziale europea volta all’osservazione della CMB. La CMB è la radiazione “fossile” che rimane da una fase primordiale densa e calda dell’evoluzione cosmica (modello del Big Bang) e ci offre quindi un’ “istantanea” di come era l’Universo all’età di “appena” 380.000 anni, circa 13 miliardi di anni fa. Le minuscole (1 parte su 100.000) fluttuazioni nella temperatura della CMB sono state, fin dalla loro scoperta avvenuta nei primi anni ’90, al centro della ricerca in ambito cosmologico, poiché tramite esse gli scienziati sono in grado di ottenere informazioni sull’origine ed evoluzione dell’Universo. Queste fluttuazioni corrispondono a regioni con densità leggermente differente, e rappresentano i “semi” da cui hanno avuto origine le strutture che vediamo nel cielo, in parole povere le galassie.

Planck è stato lanciato nel Maggio 2009 e ha osservato il cielo per più di 2 anni e mezzo. Il satellite Planck ospita al suo interno due strumenti complementari, lo strumento a bassa frequenza (Low Frequency Instrument, LFI, ancora operativo) e quello ad alta frequenza (High Frequency Instrument, HFI, spento a Gennaio 2012). Nazzareno Mandolesi dell’Agenzia Spaziale Italiana e professore a contratto presso il Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara, è il principal investigator di LFI. Jean-Loup Puget di IAS/Paris Sud è alla guida di HFI. Planck è il risultato di più di 20 anni di lavoro, ed è costato un euro ad ogni cittadino europeo.

La mappa rilasciata oggi dalla collaborazione Planck, basata sui primi 15 mesi e mezzo di dati presi dal satellite, è la più dettagliata mappa della CMB che sia mai stata ottenuta. In generale, le informazioni estratte da Planck rappresentano una eccellente conferma del modello standard della cosmologia. Tuttavia, proprio in virtù della elevatissima precisione della mappa di Planck, permettono anche di rivelare delle inconsistenze che potrebbero richiedere nuova fisica per essere spiegate.

Uno dei risultati più sorprendenti è che il rapporto tra le fluttuazioni della CMB a grandi e piccole scale angolari non è quello che ci si aspetterebbe sulla base del modello cosmologico standard. Inoltre, c’è una asimmetria tra le temperature in direzioni  opposte del cielo. Infine, c’è una regione fredda che si estende su una regione di cielo più grande di quanto atteso. Queste ultime due “anomalie” erano già state suggerite dal predecessore di Planck, il satellite WMAP della NASA, ma erano state ignorate a causa dei dubbi sulla loro origine cosmologica.

“Il fatto che Planck abbia individuato con tale precisione queste anomalie cancella ogni dubbio sulla loro realtà; non si può più dire che esse siano artefatti delle misure. Sono reali e dobbiamo cercarne una spiegazione”, dice Paolo Natoli, ricercatore dell’Università di Ferrara.

“Il nostro fine ultimo dovrebbe essere quello di costruire un nuovo modello che predica le anomalie e possibilmente le colleghi tra loro. Ma è ancora presto; per ora, non sappiamo se questo sia davvero possibile e quale tipo di nuova fisica sia necessaria. E questo è eccitante”, aggiunge Mandolesi.

Al di là delle anomalie, tuttavia, i dati di Planck confermano in maniera spettacolare quello che ci si aspetta dal Modello Cosmologico Standard, il modello, relativamente semplice, che descrive l’Universo, permettendo agli scienziati di estrarre valori precisi delle quantità che lo caratterizzano.

La materia normale, che compone le stelle e le galassie, contribuisce solo al 4.9% del contenuto totale di massa e energia dell’Universo. La cosiddetta materia oscura, contribuisce per il 26.8%; il restante 68.3%, meno di quanto si pensasse sulla base dei precedenti esperimenti, è dato dalla energia oscura, una forza misteriosa che si pensa possa essere responsabile dell’espansione accelerata dell’Universo.

Infine, i dati di Planck fissano un nuovo valore per il tasso di espansione dell’Universo, noto come costante di Hubble. Il valore stimato, 67.15 km/s/Mpc, è inferiore al valore standard inferito in precedenza. I dati implicano che l’età dell’Universo è di 13.82 miliardi di anni.

“Con le mappe del cielo a microonde più accurate e dettagliate che siano mai state prodotte, Planck sta rivelando un nuovo quadro dell’Universo che ci spinge ai limiti delle teorie cosmologiche attuali”, dice Massimiliano Lattanzi, assegnista di ricerca presso l’Università di Ferrara. “Osserviamo un accordo quasi perfetto con il modello standard della cosmologia, ma con aspetti stimolanti che ci spingono a riesaminare alcune delle nostre assunzioni di base”, aggiunge Marco Guidetti, anche lui assegnista di ricerca presso la stessa Università.

“Planck ci fornisce la più stringente conferma dell'inflazione, la fase primordiale di espansione accelerata dell’Universo. Ora occorre però comprendere che cosa l'abbia messa in moto, pochissimi istanti dopo il Big Bang”, osserva Natoli.

“Oggi, grazie a Planck, sappiamo che il 26,8% della densità totale, cioé 1/5 in più di quello che pensavamo prima, è costituito da particelle di materia oscura, che non sono descritte dal modello standard della fisica delle particelle. Rimane da capire quale teoria possa descrivere queste misteriose particelle”, gli fa eco Lattanzi.

“Queste sono le domande con le quali una nuova fisica, situata all’intersezione fra cosmologia e fisica fondamentale, dovrà confrontarsi negli anni a venire”, conclude Mandolesi.

Planck è una missione ESA, ma non sarebbe stata possibile senza il contributo di Istituti di ricerca e Università di tutto il mondo. In particolare, fanno parte della collaborazione Planck circa 400 scienziati appartenenti a circa 100 istituti di vari paesi, in Europa (Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Germania, Danimarca,…) Stati Uniti e Canada.

Il nostro Paese ha contribuito alla missione tramite la partecipazione di diversi tra enti, agenzie e istituti di ricerca, tra cui l’Istituto Nazionale di Astrofisica, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Agenzia Spaziale Italiana, che ne costituisce il principale finanziatore a livello italiano.

“Planck è il risultato dello sforzo congiunto di numerose istituzioni italiane e straniere. Mi fa piacere sottolineare il contributo fondamentale delle Università italiane e dell’Università di Ferrara nello specifico, che hanno preparato molti degli scienziati che hanno partecipato al progetto.”, fa notare il Prof. Roberto Calabrese, Direttore del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara. Ricoprono infatti ruoli di leadesrship scientifica in Planck le Università di Milano (Statale), Trieste (Sissa e Università), Roma “Sapienza”, Padova e ovviamente l’Università di Ferrara, a cui afferiscono, presso il succitato Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra, il principal investigator di LFI Prof. Nazzareno Mandolesi (professore a contratto), il Dr. Paolo Natoli (ricercatore), il Dr. Massimiliano Lattanzi e il Dr. Marco Guidetti (assegnisti di ricerca).

Immagini disponibili online all’indirizzo http://spaceinimages.esa.int/Images

Note aggiuntive

Una serie di articoli scientifici che descrivono i nuovi risultati sarà pubblicata il 22 Marzo.

I dati di Planck sono basati sui primi 15.5 mesi di osservazioni a tutto cielo. Lanciato nel 2009, Planck comprende due strumenti complementari: lo strumento a bassa frequenza, LFI, e lo strumento ad alta frequenza, HFI. HFI si è spento nel gennaio 2012, mentre LFI è ancora operativo.

La prima immagine a tutto cielo di Planck è stata rilasciata nel 2010 e i primi dati scientifici sono stati rilasciati nel 2011. Da allora, gli scienziati hanno lavorato per estrarre le emissioni “spurie” (ad esempio quella della nostra galassia) che si interpongono tra noi e la CMB. I prossimi dati cosmologici saranno resi pubblici all’inizio del 2014.

La collaborazione scientifica Planck consiste di tutti gli scienziati che hanno contribuito allo sviluppo della missione Planck, e che partecipano allo sfruttamento scientifico dei dati nel periodo proprietario.

Lo sviluppo della missione Planck è stato supportato tramite sostanziali contributi finanziari e tecnologici degli stati membri dell’ESA. Più del 40% del costo di sviluppo della missione è stato fornito dalle agenzie che hanno fornito LFI e HFI. L’Italia e la Francia, attraverso le due agenzie ASI e CNES, e gli enti di ricerca nazionali, hanno fornito più della metà del finanziamento proveniente dagli stati membri.

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