Unibo - Nel nostro intestino una possibile cura per l'Alzheimer
Ricerche svolte presso l’Istituto Superiore di Sanità avevano già evidenziato come il CNF1 possa stimolare la plasticità cerebrale e le capacità cognitive in topi sani. Ma il nuovo studio fa un passo avanti e apre nuovi possibili scenari nella lotta all’Alzheimer.
“Nel corso delle nostre ricerche – spiega Carla Fiorentini, coordinatrice del gruppo dell’ISS che si occupa della tossina in questione – avevamo già evidenziato come il CNF1 possa stimolare la plasticità cerebrale e combattere i deficit cognitivi e di coordinazione in un modello murino per la Sindrome di Rett, malattia rara del neurosviluppo”.
“Oggi dimostriamo di poter contrastare, grazie al CNF1 - spiegano Gabriele Campana e Roberto Rimondini-Giorgini, coordinatori del gruppo dell’Università di Bologna - importanti sintomi neuroinfiammatori, comuni a diverse malattie neurodegenerative, inclusa l’Alzheimer, per le quali non esiste una cura”.
Questo studio pre-clinico ha già prodotto un brevetto internazionale. La speranza è di poter arrivare nel minor tempo possibile alla sperimentazione sull'uomo. E' certo comunque che la nuova scoperta costituisce un passo fondamentale per il raggiungimento di una terapia efficace contro una delle più devastanti malattie dei nostri giorni.
L’articolo su PLOS ONE: http://dx.plos.org/10.1371/journal.pone.0065898.