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DNA, descritte reti di interazioni fisiche fra geni nel nucleo cellulare

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DNAI geni, anche se distanti, interagiscono tra loro attraverso speciali regolatori in grado di “connettere” porzioni lontane di DNA. Questa connessione fisica interna al DNA, non conosciuta prima, è stata appena descritta nell’articolo “Chromatin connectivity maps reveal dynamic promoter–enhancer long-range associations” pubblicato dalla rivista Nature.
Allo studio, condotto dal Sequencing Technology Group della professoressa Chia-Lin Wei presso il Joint Genome Institute del Lawrence National Laboratory a Berkeley (California), in collaborazione con il Genome Institute di Singapore, hanno contribuito anche i genetisti del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca, ottenendo e analizzando cellule staminali neurali del cervello di topo.

I ricercatori statunitensi, guidati dalla professoressa Chia-Lin Wei, hanno sviluppato una tecnica che permette di isolare, dall’intero genoma, le sequenze di DNA distanti (sulla mappa lineare del genoma), che si ritrovano a interagire (sono cioè in stretto contatto) nel nucleo, sotto il controllo di fattori trascrizionali. Il gruppo ha sequenziato porzioni di DNA a partire da decine di milioni di cellule e ha utilizzato tecniche statistiche e bioinformatiche per comprendere quali frammenti del genoma fossero rappresentati nelle regioni coinvolte in interazioni.

È stato così scoperto un sistema che funziona in un modo che può essere paragonato alla rete di connessioni aeree mondiali, ove i grandi aeroporti-hub (Francoforte, Parigi, Londra, New York, Singapore) da cui si dipartono e dove convergono centinaia di voli da linee diverse, “regolano” il funzionamento ottimale della rete. Nel nucleo della cellula alcuni geni “centrali” (simili agli “hubs”) si connettono fisicamente, attraverso una o due interazioni successive, a decine-centinaia di altri geni che appaiono essere, almeno in parte, coregolati.

L’analisi è stata svolta su due tipi di cellule: cellule staminali embrionali (che possono dare origine a tutti i tessuti dell’embrione), e cellule staminali neurali. I risultati ottenuti dimostrano che i due tipi cellulari differiscono profondamente riguardo a queste interazioni e, in particolare, che i geni che mostrano queste interazioni hanno attività maggiore di quelli che non le mostrano.

«Il nostro contributo – spiega Silvia Nicolis docente di genetica dell’Università di Milano-Bicocca - è stato l’ottenimento e l’analisi delle cellule staminali neurali del cervello di topo. La lista dei geni che mostrano interazioni include molti geni coinvolti nello sviluppo normale del cervello, o in malattie ereditarie del cervello nell’uomo. Le sequenze distali che regolano questi geni, identificate in questo studio, sono interessanti perché ci permetteranno di capire come vengono attivati, o inibiti, questi geni, e perché rappresentano esse stesse possibili bersagli di mutazioni patologiche.  Questo lavoro è preliminare ad un altro lavoro già avviato dal nostro gruppo , che confronta i risultati ottenuti in cellule staminali di cervello normali con quelli osservati in cellule in cui è stato eliminato, con tecniche di genetica del topo, un fattore trascrizionale, Sox2. Vogliamo vedere se le interazioni osservate nelle cellule normali scompaiono o si modificano dopo l’eliminazione di Sox2, indicando così il suo coinvolgimento nella regolazione di una molteplicità di geni». Mutazioni del gene Sox2 causano anomalie ereditarie dell’occhio e di parte del cervello nell’uomo; eliminando il gene Sox2 nel topo si possono riprodurre molte delle anomalie del cervello osservate nell’uomo.

La collaborazione si è svolta nell’ambito di un programma di internazionalizzazione congiunto, che coinvolge il Dottorato di Medicina Traslazionale DIMET dell’Università di Milano-Bicocca e l’Agenzia di Ricerca Astar di Singapore (con il Genome Institute), ed è stata finanziata da Fondazione Cariplo, Telethon, AIRC e Regione Lombardia.

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