Linfoma ALK-positivo, dopo due anni di terapia oltre la metà dei pazienti trattati con Crizotinib è in remissione stabile
Tra i co-autori, anche Cristina Messa, già direttore dell’Unità Operativa di Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza, attualmente rettore dell’Ateneo milanese. Il gruppo, diretto da Gambacorti-Passerini, lavora da alcuni anni alla ricerca preclinica su questo tipo di linfoma e ha già prodotto importanti contributi nella conoscenza di questa patologia. I linfomi ALK+ colpiscono ogni anno circa 2 mila pazienti in Europa.
La terapia
La sperimentazione, multicentrica, indipendente e quindi non sponsorizzata da alcuna azienda farmaceutica, è iniziata nel 2010, su tre pazienti di età compresa tra i 20 e i 26 anni, in fase avanzata di malattia. La sperimentazione è stata successivamente allargata a 11 pazienti di età compresa tra 18 e 55 anni, con una speranza di sopravvivenza che non superava poche settimane di vita.
Degli undici pazienti trattati sia a Monza che in altri centri in Germania, Canada, Belgio e Israele, dieci hanno risposto con riduzione o scomparsa delle lesioni presenti. La terapia ha inoltre evidenziato una risposta soggettiva (scomparsa della febbre, diminuzione o scomparsa dei dolori) già dopo tre/quattro giorni di trattamento, con regressione completa delle lesioni presenti dopo un mese di terapia. Con un follow up medio di oltre trenta mesi appare un comportamento dicotomico: mentre quasi tutti i pazienti rispondono inizialmente, entro due/tre mesi circa metà dei pazienti sono recidivati e sono morti (tranne uno) entro un mese. In questi pazienti, le ricerche condotte nel laboratorio del professor Gambacorti-Passerini hanno evidenziato la selezione di cellule presentanti ulteriori mutazioni capaci di annullare l’attivitá del farmaco e per le quali sono in studio nuove molecole prodotte nell’Ateneo milanese. Il rimanente 50% dei pazienti ha continuato a rispondere al trattamento indefinitamente, conducendo una vita del tutto normale. La percentuale di pazienti senza segni di recidiva a due anni dall’inizio della terapia è del 64 per cento, e alcuni pazienti hanno superato i tre anni di trattamento.
«Trattandosi di pazienti affetti da una malattia estremamente aggressiva e in fase avanzata – ha detto il professor Gambacorti Passerini – questi risultati sono molto positivi, soprattutto per la loro durata nel tempo. Il trattamento con crizotinib è inoltre gravato da un impatto tossico decisamente inferiore rispetto ai più tradizionali farmaci citotossici e chemioterapici: l’effetto collaterale più frequente è rappresentato da lievi disturbi della visione presenti nei primi mesi di terapia».
I risultati dello studio sono ora in fase di pubblicazione in una importante rivista americana.
Il linfoma ALK-positivo
I Linfomi Anaplastici a Grandi Cellule (ALCL) rappresentano un gruppo di Linfomi non-Hodgkin caratterizzati dall'espressione dell'antigene glicoproteico di superficie CD30/Ki-1. Il meccanismo attraverso il quale la proteina ALK viene sregolata in questa malattia è una traslocazione cromosomica, simile a quella che avviene nella leucemia mieloide cronica, che fonde parte del gene ALK con il gene NPM, producendo così un gene ibrido NPM-ALK. Il linfomi ALK-positivo rappresentano una malattia estremamente aggressiva, con rapida crescita, sintomi sistemici e mortalità elevata. In Italia, ogni anno, si registrano circa 300 e 500 nuovi casi.
Carlo Gambacorti Passerini è professore associato di Medicina Interna presso l’Università di Milano Bicocca, ed è responsabile dell'Unità di Ricerca Clinica dell’Ospedale San Gerardo di Monza. Le sue ricerche sono finanziate dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dalla Fondazione CARIPLO.