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Lyons-Ruth: “E’ il tipo di legame con la madre che può rendere un bambino insicuro”

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Il tono della voce che cambia, le braccia che all’improvviso si chiudono ad un abbraccio. Gesti impercettibili che per un bambino possono essere spaventanti se a compierli è la mamma. E se si ripetono possono diventare traumatici come se avesse assistito ad un’aggressione. È quello che ha spiegato Karlen  Lyons-Ruth, tra le più importanti psicoanaliste e ricercatrici nell’ambito degli studi sull’intersoggettività, intervenuta oggi nel corso del seminario Comportamenti suicidari e disturbi borderline e antisociali: gli indici predittivi in infanzia e in adolescenza organizzato dal
Dipartimento di Psicologia dell’Università di Miano-Bicocca e curato da Lucia Carli, docente di Psicodinamica e  Assessment della Genitorialità in collaborazione con l’ISIPsE’-Istituto di specializzazione in Psicologia Psicoanalitica del Sé e in Psicoanalisi Relazionale  e con il CSCP-Centro Studi per la Cultura Psicologica dell’Ateneo.

«La scala che rileva la sensibilità materna – ha detto la professoressa Lyons-Ruth - permette di distinguere i bambini sicuri da quelli insicuri. Finora si pensava che il genitore con una condizione mentale di dissociazione in rapporto a esperienze traumatiche passate,  o a esperienze di perdita non elaborate, potesse manifestare una specifica difficoltà a prestare un’attenzione flessibile agli stati affettivi dolorosi del figlio, in quanto l’espressione di dolore e di paura del bambino può provocare nel genitore stati affettivi dolorosi e irrisolti. Invece, esiste un’altra ampia gamma di comportamenti “insensibili” che possono causare dissociazione nel bambino, legati non solo a esperienze di lutto o trauma nella madre  E’ così ogni volta che la madre fallisce nel proteggere il bambino e nel supportarlo nelle sue richieste di protezione, magari a causa delle carenze affettive da lei stessa vissute. E se questi comportamenti sono ripetuti,  il bambino li può vivere  in modo traumatico».

Attraverso un apposito protocollo (AMBIANCE - Atypical Maternal Behavior Instrument for Assessment and Classification), sono stati codificati cinque aspetti della comunicazione affettiva fallimentare del genitore con il bambino (risposte di ritiro da parte del genitore; risposte negative-intrusive; risposte di inversione di ruolo; risposte disorientate, quali espressioni spaventate; errori di comunicazione affettiva) e poi è stato riscontrato che questi cinque tipi di alterata comunicazione affettiva madre-bambino sono significativamente correlati con gli esiti nel tempo dello sviluppo psicologico del figlio:  nell’infanzia i comportamenti disorganizzati del bambino e nell’età adolescenziale i disturbi psicopatologici (comportamenti suicidari, disturbi borderline e antisociali).

Nel corso del seminario è stato affrontato anche il tema del suicidio in adolescenza come conseguenza a lungo termine del fallimento precoce della comunicazione madre-bambino, un fenomeno molto complesso sia perché intervengono fattori differenti di tipo psicologico, biologico, sociale, culturale e ambientale sia perché l’adolescenza rappresenta di per sé un periodo molto delicato del processo maturativo sia fisico sia psicologico.

Il fenomeno del suicidio in età adolescenziale si è configurato negli ultimi anni come un vero e proprio problema di sanità pubblica. I dati mondiali presentati dall’OMS (2012) mostrano come il suicidio sia la seconda causa di morte per i giovani di età compresa tra i 14 e i 24 anni e divenga la prima causa di morte nei Paesi ad alto reddito per la fascia d’età tra i 15 e i 19 anni. Questi dati già sconcertanti non tengono in considerazione l’insieme dei tentati suicidi, dei parasuicidi, degli atti di autolesionismo e delle morti “lente” (come ad esempio l’anoressia nervosa), fenomeni che interessano la popolazione adolescenziale anche in maggior misura rispetto all’autoinfliggersi intenzionalmente la cessazione della vita.

Per quanto riguarda la situazione italiana,  i dati ISTAT (2012) mostrano come l'Italia registri un tasso di mortalità per suicidio tra i più bassi tra i Paesi Ocse con una crescita del fenomeno all'aumentare dell'età. «Nonostante questi dati – ha spiegato la professoressa Carli -, non si deve sottovalutare il fenomeno del suicidio adolescenziale ed è necessario creare sistemi di prevenzione, aiuto e cura che prendano in carica non solo l’adolescente, ma tutto il sistema familiare.  Aspetto importante soprattutto perché spesso il cammino verso il suicidio è “silenzioso”, non visibile agli altri. Il tentativo di suicidio è infatti anche, ma non solo, un messaggio potente e disperato: un messaggio rivolto ai genitori, ai propri docenti, all'oltraggioso oggetto d'amore. Il suicidio è in minima parte dei casi sintomo di una malattia o della depressione, anche se è possibile rintracciare alcuni fattori di rischio quali tentativi di suicidio precedenti, abuso di droghe o alcol, senso di isolamento, impulsività, storia di trauma, di abuso e di violenza».

La seconda parte del seminario con la professoressa Lyons-Ruth si terrà domani presso l’Aula Magna dell’Università di Millano-Bicocca (9-13). Iscrizione obbligatoria.

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