Psicopatologia del terrorismo
In psichiatria si definiscono sociopatici quegli individui che mancano di empatia, pietà, senso di colpa per le loro azioni, e manifestano una freddezza estrema e un’aggressività ferina. L’empatia, insieme alla teoria della mente, che è la capacità di percepire i pensieri, le emozioni e i sentimenti altrui, fa parte delle cosiddette “emozioni morali o socio-morali” collegate più al bene comune che a quello del singolo individuo.
“I terroristi, così come gli individui sociopatici – sottolinea Donatella Marazziti - sembrano del tutto privi di queste emozioni sociali, basta guardarli mentre eseguono le esecuzioni brutali con freddezza e autocelebrazione amplificata dall’uso sapiente delle nuove tecnologie”.
Occorre, dunque, secondo l’autrice, avere il coraggio di cominciare a esplorare i processi mentali del terrorista, spesso complicati dall’uso delle droghe, e i meccanismi neurali alla base degli stessi. E questo malgrado le difficoltà reali nell’affrontare un fenomeno così complesso, visto anche l’esiguità dei terroristi che si pentono all’ultimo momento che possono essere visitati. I dati psicopatologici disponibili a tutt’oggi riguardano infatti perlopiù terroristi palestinesi, ma come evidenzia l’intervento della psichiatra pisana, in questo caso il fenomeno è del tutto particolare, generato in un contesto specifico, e non può essere generalizzato a quello che ha portato agli attacchi sferrati negli ultimi mesi nei Paesi europei.
“C’è da sottolineare infine una sorta di riluttanza e disgusto a esplorare questi comportamenti abnormi da parte di psichiatri, psicologi e neuroscienziati – ha concluso Marazziti - sebbene tentare di capire un comportamento che è umanamente inaccettabile appare fondamentale anche per prevenire il possibile ‘contagio’, o per intervenire nel caso di individui a rischio”.