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Bologna - Il “virus logico-linguistico” nella Scuola e nella Università: come sconfiggerlo

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bologna-logoIl Convegno tratta di un problema, di primaria importanza per la Scuola, la cui soluzione continua a sfuggire alle riforme da almeno una quindicina di anni a questa parte. Si tratta della gravissima carenza LL (logico-linguistica) di cui soffrono  schiere foltissime di studenti della Secondaria Superiore italiana.
La gravità di tale situazione trova conferma in autorevoli dichiarazioni comparse in tempi più recenti sui mass-media. Fra le molte esistenti si ricorda quella di maggiore interesse per il convegno e per il progetto in questione.

Nel novembre 2009, l’allora neo-Rettore dell’Università di Bologna Ivano Dionigi, in una delle sue prime uscite ufficiali,  lanciò un vero e proprio grido di allarme riferendosi ai “troppi studenti semi-analfabeti” presenti oggi nell’Università. Nella inaugurazione dell’Anno Accademico di lì a poco seguita, ribadì l’allarme suddetto, rivolgendo  inoltre un caldo invito a tutti (e, in modo del tutto particolare, ai docenti universitari) a collaborare affinché da questa avvilente situazione si potesse uscire al più presto. Deludente invece, come spesso accade in episodi del genere, la reazione del grande pubblico dei mass-media: una fiammata di interventi di esperti e non-esperti, quasi tutti volti ad esprimere opinioni personali su quali fossero i colpevoli di tale drammatica situazione (e solitamente, ma ingiustamente, i docenti della Scuola risultarono i più accusati ); sui rimedi per la medesima, invece, un silenzio praticamente totale.

Tra coloro che accolsero nello spirito giusto l’invito del Rettore Dionigi (che spronava alla concretezza dell’impegno e non alla ricerca dei colpevoli) il gruppo di ricerca (formato da docenti universitari e della Scuola) che due anni più tardi  avrebbe chiesto all’AMPE (Associazione dei Professori Emeriti dell’Università di Bologna e quindi Università essa stessa) di valutare i risultati di una sua lunga ricerca, da tradursi in eventuale Convegno e successivo progetto, facendosene portavoce autorevole nei confronti dell’Università e della Scuola. L’AMPE ha fatto addirittura di più, assumendo in proprio (ovviamente consenziente il gruppo citato) il Convegno e il progetto, considerandoli entrambi degni di figurare fra i contributi che l’AMPE stesso dedica ai festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità di Italia. Ha inoltre richiesto all’USR-ER (Ufficio Scolastico Regionale Emilia-Romagna) patrocinio sull’iniziativa e collaborazione paritaria alla medesima entrambi assicurati di buon grado dall’Ente suddetto.

Il modo migliore per prepararsi al Convegno, che presenterà nel dettaglio il successivo progetto [entrambi resi ufficiali con il comune titolo “Il virus LL (logico-linguistico): come sconfiggerlo”], non vi è dubbio sia quello di sintetizzare la lunga ricerca che ha preceduto l’attuale proposta. Ciò a comprendere meglio le difficoltà che si sono dovute superare ed anche il perché, alla fine, si è maturata la certezza che  traspare dal titolo, dovendosi però interpretarla, non come imprudente affermazione in contrasto con l’umiltà  necessaria a ogni ricercatore, ma piuttosto come consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per preparare la sperimentazione decisiva (appunto quella che l’attuale progetto vuol fare entro il presente anno scolastico) che tolga a tutti (docenti, studenti, genitori, cittadini interessati) ogni possibile dubbio residuo. Su questo punto meglio lasciare la parola a ricercatori che tale ricerca hanno vissuto e che ne riferiscono in prima persona, al di fuori di questo comunicato,  nella successiva sintesi  della ricerca stessa.
 
SINTESI SULLA RICERCA PREPARATORIA DEL CONVEGNO  E DEL PROGETTO ATTUALI
(a cura del gruppo di ricerca che ha elaborato il  progetto presentato al Convegno)

La ricerca in questione ha avuto inizio circa  sei anni fa, quando ci siamo accorti che  un nostro precedente modello non era più all’altezza dei tempi e stava entrando in crisi, proprio in un momento in cui il malanno LL (logico-linguistico) stava invece aggravandosi in misura tale che i suoi effetti potevano essere paragonati a quelli prodotti da un virus velocissimo, nel propagarsi, ed estremamente virulento, nell’ inquinare tutto ciò che raggiunge, perfino, fuor di metafora, l’apprendimento universitario. Fu allora che cominciammo a parlare di “Virus LL”, terminologia che non abbiamo più abbandonato, essendo sempre più giustificato il suo uso al passare degli anni, da allora ad oggi. Che cosa stava accadendo, in grandi linee lo capimmo in fretta. Col cambio di secolo, il mondo esterno alla Scuola aveva cominciato a correre con velocità via via crescenti, con esso anche il virus LL …questo ultimo dando origine a fenomeni sempre meno controllabili e sempre più negativi. Non così la Scuola che aveva continuato  a insegnare con velocità e metodologie tradizionali, troppo lente le prime e troppo inadeguate le seconde, per raggiungere il virus e debellarlo.

In sostanza ci convincemmo ben presto che con la didattica tradizionale la partita con il virus era persa in partenza. Questo convincimento fu la prima idea innovativa con cui demmo inizio alla ricerca, dando vita a una “autocritica” di un precedente no-stro modello nel quale il tempo settimanale complessivo, a disposizione di una materia di insegnamento, era suddiviso in due parti: quella dedicata, prevalentemente, alla formazione LL, e quella specificatamente  rivolta al completamento del   programma curricolare . La prima utilizzava   strumenti innovativi di comprovata effica-cia nel contrastare il virus LL, ma, per sua stessa natura, rallentava notevolmente lo svolgimento  progressivo del programma curricolare,  in quelle parti del medesimo  che offrivano occasione (i cosiddetti argomenti “pretesto”) per esemplificare la formazione LL stessa. La seconda, di conseguenza, si trovava a dovere affrontare il completamento di un  programma residuo, aumentato dal ritardo indotto dalla formazione suddetta. Per il rag-giungimento di questo obiettivo il modello precedente riteneva più utile ricorrere alla didattica tradizionale, che il docente  trattava con assai maggiore esperienza, in quanto per lui abituale. In proposito erano state studiate anche numerose varianti applicative della didattica tradizionale per raggiungere meglio l’obiettivo in questione. Non le citiamo perché tutte, messe a confronto con la crescita continua della pericolosità del  virus LL, altro non dimostrano se non la già sottolineata scarsa capacità che la didattica tradizionale  ha di riuscire a debellarlo.

Con l’accantonamento del modello precedente, la nostra ricerca cominciò a diventare propositiva, lavorando su una seconda idea innovativa . Nei tre anni successivi infatti mettemmo a punto un modello nel quale gli strumenti  metodologici innovativi, utili nella fase di formazione  LL, diventarono utili anche  nella fase compensatrice del ritardo indotto dall’altra fase. In sostanza ci accorgemmo che gli stessi strumenti potevano anche velocizzare, in modo molto notevole, l’insegnamento, quando non fosse pressante l’esigenza LL, perché soddisfatta in altra fase.  L’idea fu feconda  perché con un'unica metodologia riuscimmo a realizzare la cosiddetta  “strategia della compensazione”, con la quale non avevamo più problemi ad attuare contempora-neamente la formazione LL e il completamento del programma curricolare, e ciò con ampi margini di sicu-rezza rispetto al rischio di insuccesso in una o in entrambe le due fasi.

 Il nuovo modello però, mentre appariva molto soddisfacente per gli studenti (e per i genitori dei medesimi), non altrettanto appariva per i docenti, ai quali in effetti chiedeva un impegno, non impossibile, ma comunque molto stressante. Il rischio dunque che un progetto, impostato su tale modello, venisse rifiutato dalla maggior parte dei docenti a cui veniva proposto, era alto e, come ricercatori di metodi, non potevamo accettarlo. La nostra ricerca continuò dunque con l’obiettivo di rendere il progetto non solo accettabile, ma addirittura appetibile, per i docenti. Fu questa la parte più dura dell’intera nostra ricerca, e di fatto ci ha fatto vivere più di un momento in cui l’obiettivo ci è apparso utopistico … poi finalmente l’idea buona è venuta (se ne dirà in dettaglio durante il Convegno) e ha richiesto  ancora una paio di anni di sperimentazioni-“mini” (di breve durata) prima di indurci a proporre un esperimento mono-annuale, che confermi vantaggi per tutti (docenti, studenti, genitori …), escluso, si intende,  il virus LL, che potrebbe avere le ore  contate, se saranno in molti i convinti dall’attuale Convegno, che poi applicheranno in proprio la metodologia proposta e contribuiranno a diffonderla.

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