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Bicocca - Educazione: maschi cercasi

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bicocca-logoQual è il rapporto tra il maschile e la cura educativa? In che modo l'esercizio di una professione di cura modifica la rappresentazione della mascolinità che gli uomini hanno di sé? Come è cambiato il ruolo maschile in educazione nel passaggio dalla società tradizionale a quella contemporanea? Di questi temi, cruciali e di grande attualità per il mondo dei servizi e dell’educazione, si discuterà al convegno “Uomini in educazione”, il 14 marzo in Università Milano-Bicocca, con la partecipazione di esperti di pedagogia e studi di genere, operatori e studenti.
Alla giornata-studio, organizzata da Stefania Ulivieri, docente di Teorie e modelli della consulenza pedagogica, e Barbara Mapelli docente di Pedagogia delle differenze di genere, interverranno tra gli altri: Duccio Demetrio, docente di Filosofia dell’educazione, Salvatore Guida di Pedagogika, Alessio Miceli di Maschileplurale. Verranno presentati i risultati della ricerca qualitativa svolta all’interno dell’Università e realizzata con studenti e operatori di sesso maschile attraverso la metodologia del focus group. Si confronteranno educatori “storici” e giovani studenti, aprendo il dibattito finale anche al pubblico.

Nei mestieri di "cura" degli altri, gli uomini hanno sempre latitato, ma i numeri odierni sono ancora meno incoraggianti. Sono, infatti, solo il 13% del totale (il 12% all’Università di Milano-Bicocca), gli studenti maschi iscritti in tutta Italia ai corsi di laurea che formano educatori e insegnanti, un dato da sempre basso, che in anni recenti registra un’ulteriore discesa. Le donne, nell’ultimo decennio, hanno fatto il loro ingresso in ambiti professionali considerati maschili, sostituendo gli uomini anche in lavori pesanti (non mancano donne fabbro e camioniste). Gli uomini, invece, sembrano essersi avvicinati a ruoli più tipicamente femminili prevalentemente nell’ambito della cura del sé e della propria persona, vedi l’attenzione alla moda, alla bellezza, e l’esposizione del proprio corpo sui media. All’interno della famiglia, se da un lato gli uomini hanno perso in autorità e autorevolezza, continuano a entrare in maniera ancora poco rilevante e difficilmente sostituiva della figura materna nell’educazione dei figli.

Al centro del convegno sarà la discussione sui ruoli, l’importanza di non riprodurre stereotipi e di prevedere percorsi formativi che instaurino intercambiabilità. «Nei mestieri di cura in senso lato» sottolinea Duccio Demetrio «occorrono sia competenze tradizionalmente identificabili come femminili, accoglienza, ascolto, sostegno, relazione, sia maschili, come capacità di porre regole, autoritarietà, fisicità, stimolo alla competizione e trasmissione di idealità ai giovani. Sarebbe importante “insegnarle” ai futuri operatori, scindendole dalla loro stereotipata appartenenza a un genere o all’altro e finalizzandole alle esigenze dei diversi settori in cui andranno a lavorare».

Ma “L’educazione è solo roba da donne”? «Nel focus group degli educatori e maestri di ruolo» spiega Fabio Arras, ricercatore ed educatore, «si è indagato sulle motivazioni della scelta fatta, l’immaginario di se stessi di fronte all’iscrizione a una Facoltà marcatamente abitata dal femminile, l’autorappresentazione della propria mascolinità, il rapporto di genere delle rispettive equipe di lavoro, lo sguardo della società, l’esistenza o meno di una specificità della cura al maschile».

La quasi assenza di uomini nel panorama educativo è un dato interessante su cui riflettere anche in prospettiva alla formazione dei futuri adulti, a partire dall’educazione all’asilo nido. «La presenza di educatori di entrambi i generi” commenta Stefania Ulivieri «in tutti i livelli dell’educazione scolastica e pre-scolastica, offrirebbe a bambini, e bambine, la possibilità di acquisire una maggiore complessità di visione del mondo, per stili di vita, emotività, fisicità, comunicazione, e anche una maggiore possibilità di scelta».

Viceversa, avere solo o quasi insegnanti donne «significa, riproporre, anche per le nuove generazioni, i ruoli tradizionali, maschili e femminili, separati e con competenze diverse» aggiunge Barbara Mapelli. Per rimanere poi prigionieri dei luoghi comuni: «Mamme che accompagnano un figlio o una figlia alla scuola dell'infanzia, davanti a un educatore uomo (sono rarissimi, ma qualcuno esiste) si ritraggono, sono diffidenti, non credono possa possedere le capacità e le sensibilità di una donna».

La giornata studio è a ingresso libero aperta a tutti.

Per informazioni: Irene Mantovani, i.mantovani1@campus.unimib.it

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