Prima conferenza bi-nazionale sul rischio sismico Italia-Israele
La conferenza mira ad analizzare i terremoti del passato nei territori di Antica Civilizzazione, dal punto di vista geologico, storico e archeologico; il patrimonio di informazione disponibile per l’Appennino e per la Terra Santa costituisce, infatti, un archivio di valore inestimabile per meglio comprendere la grande variabilità della sismicità nel tempo, e quindi per derivare modelli di pericolosità sismica, e strategie di mitigazione del rischio associato, sempre più corretti ed efficaci.
L’evento è articolato in tre diversi momenti: una prima sessione prevede quindici interventi di ricercatori italiani e israeliani, sui forti terremoti avvenuti nell’antichità negli Appennini e nel Levante; la seconda giornata di lavori si svolgerà sul terreno in località vicino al Lago di Tiberiade, per analizzare evidenze di forti eventi sismici preservate in importanti siti archeologici della Valle del Giordano; il terzo giorno è in programma un workshop itinerante lungo le strutture tettoniche attive del territorio della Galilea.
«Gli Appennini in Italia, così come la struttura della “Levant Fault” in Israele - la cosiddetta “Faglia del Mar Morto”, che si estende dal Golfo di Aqaba sino al confine con Siria e Libano - sono zone di grande interesse per l’analisi dei terremoti: regioni caratterizzate da eventi sismici di forza devastante, ma con intervalli di ritorno molto lunghi – spiega il professor Michetti - . Si tratta spesso di terremoti avvenuti in un passato remoto, per i quali non abbiamo a disposizione rilevazioni strumentali, pertanto per lo studio e la comprensione di questi fenomeni diventa determinante un approccio multidisciplinare basato sull’analisi delle evidenze geologiche, storiche e architettoniche, come ad esempio i muri delle fortezze crociate spostati dalla Faglia del Mar Morto, oppure i crolli imputabili ai terremoti medievali nella Pianura Padana, ovvero i danni ambientali prodotti dai maremoti sulle coste della Sicilia Orientale in epoca romana».
Dallo studio dei terremoti del passato si traggono preziose informazioni per il presente: «La paleosismologia, l’archeosismologia e la sismologia storica – continua Michetti - ci aiutano nella comprensione dei terremoti odierni: come ad esempio nel caso del terremoto che ha devastato la Pianura Padana l’anno scorso. A memoria d’uomo nessuno ricordava un terremoto di quelle dimensioni con epicentro nel settore di Mirandola, in particolare l’Emilia Romagna era considerate - nell’opinione comune - una zona non ad alto rischio sismico, ma nell’antichità in zone limitrofe si sono registrati eventi sismici devastanti, e per il geologo quello è un segnale di attenzione estremamente eloquente: l’analisi dei fenomeni del passato diventa uno strumento di prevenzione, sapere se nell’antichità si è verificato un terremoto distruttivo è un campanello d’allarme e un criterio sufficiente per richiedere l’applicazione di misure antisismiche in quel territorio». In particolare se, come in Italia o in Israele, sono a rischio infrastrutture di inestimabile valore culturale, sociale e industriale.
«L'idea di organizzare questo evento è nata in seguito al Workshop Internazionale dell'INQUA tenutosi nel Febbraio 2009 sul tema "The Dead Sea Rift as a natural laboratory for earthquake behavior: prehistorical, historical and recent seismicity" ed è nostra intenzione fare della Conferenza Bi-nazionale un appuntamento annuale nell’ambito del programma di scambio scientifico bilaterale Italia –Israele» conclude Michetti.