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Fibrillazione atriale e ictus cerebrale: i nuovi coagulanti offrono una migliore sicurezza ed una miglire efficacia e compliance?

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Il convegno “Anticoagulanti orali e fibrillazione atriale”, organizzato dall’Università Politecnica delle Marche – Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, che si terrà domani 20 settembre 2013, intende valutare gli aspetti clinico-scientifici correlati alla classe farmacologica degli anticoagulanti (nuovi anticoagulanti verso warfarin) al fine di offrire un contributo che ha l’obiettivo di garantire ai pazienti nuove opportunità terapeutiche, quando necessarie, in termini di efficacia e sicurezza.
I relatori del convegno, tutti di assoluto valore internazionale. garantiscono il raggiungimento dei traguardi prefissati. La fibrillazione atriale è uno dei più frequenti disturbi del ritmo cardiaco che tende ad aumentare in termini di incidenza con l’età. Questa patologia comporta una stasi del sangue all’interno del cuore favorendo la formazione di trombi che staccandosi dall’atrio entrano nel torrente circolatorio provocando l’ictus. L’ictus rappresenta una patologia con importanti conseguenze sul piano sanitario sia per l’elevato tasso di mortalità che per le invalidità permanenti nei pazienti che sopravvivono.

E’ dunque fondamentale nei pazienti affetti da fibrillazione atriale intraprendere una profilassi trombo embolica con farmaci anticoagulanti orali al fine di ridurre la possibile formazione di trombi e conseguente ictus cerebrale. Finora il farmaco più utilizzato è stato il warfarin (Coumadin) un antagonista della vitamina K che presenta una notevole efficacia ma che è accompagnato tuttavia da un alto rischio di indurre gravi emorragie. Un importante aspetto che riguarda il warfarin e che in parte ne condiziona l’utilizzo è che non esiste una posologia “unica” valida per tutti i pazienti. Infatti nella pratica clinica la posologia spesso è “personalizzata” in funzione di una serie di fattori che riguardano il paziente ed attraverso una indagine diagnostica specifica e frequente rappresentata dal tempo di protrombina secondo l’INR (International Normalised Ratio).

Questo comporta spesso una difficile “compliance” (accettazione del paziente della terapia) ed una complessa gestione da parte del paziente. Attualmente sono stati individuati nuovi farmaci che si sono dimostrati egualmente efficaci rispetto al warfarin e probabilmente più sicuri in termini di comparsa di eventi avversi: un inibitore diretto della trombina (dabigatran) ed inibitori del fattore Xa (rivaroxaban ed apixaban). Questi nuovi anticoagulanti presentano una gestione (va ricordato che gli anticoagulanti nella prevenzione sono utilizzati cronicamente) più agevole rispetto al warfarin. Infatti sembrano possedere una rapida insorgenza d’azione, un’elevata biodisponibilità e non necessitano di monitoraggio routinario della coagulazione.

I pazienti caratterizzati da un bisogno clinico non soddisfatto avranno dunque nuove scelte terapeutiche a disposizione.

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